ALBERTO ATTOLINI



 

FESTE E SORRISI

Questa volta parliamo un pò delle occasioni di festa.

La prima che mi viene in mente è legata alla Fiera del paese, nata come mercato del bestiame e occasione per contadini e montanari di scambiarsi i loro prodotti.

Questo piccolo commercio locale attirò ben presto l' attenzione dei commercianti della pianura, e la Fiera di Villa divenne un appuntamento importantissimo anche oltre la propria vallata, non solo per il commercio ma anche per gli incontri delle genti, tanto che decisero di tenerne due all' anno.

Oltre ai banchi di vendita era presente tutto il corollario di una Fiera che si rispetti, compreso l' Albero della Cuccagna, che non è un' invenzione delle favole, ma esisteva realmente, consistendo in un palo alto e liscio che sulla punta inalberava una ruota orizzontale al terreno, ricca di ogni ben di Dio, da salami a dolci a prosciutto (crudo naturalmente...quello cotto venne dopo, in pianura, quale degenerazione della civiltà contadina) ecc.

Dei tanti che tentavano di salire fino in cima ben pochi ci riuscivano, anche perchè il palo veniva opportunamente e pesantemente unto. Ricordo quello di noi bambini che regolarmente ce la faceva: venne soprannominato Cita, come la scimmia di Tarzan anche perchè i suoi lineamenti davano ragione alla teoria della nostra discendenza…

A proposito, non so se succedeva anche negli altri paesi, ma ogni bimbo o adulto venivano (e vengono) chiamati con il soprannome col quale venivano pubblicamente battezzati: c' era Chianti (per via del padre...), Pisi (l' asso della squadra di calcio con l' handicap dell' altezza), Gazzetta (informava tutti di tutto, anche quando non era il caso), Pace (sempre in mezzo ai litiganti), Pendolo (una disfunzione ossea lo costringeva ad una camminata strana....a tic tac), Panina (alzi la mano chi indovina il perchè e chi.......) ecc.

Quando ero proprio piccolo, alla Fiera capitavano anche i saltimbanchi da strada: ricordo un omone che si faceva legare tutto da grosse catene, che però non resistevano alla sua forza. Così come ricordo il mangiatore di fuoco e il mangiatore di lamette (non chiedetemi però se era la stessa persona.....).

A suo modo anche questi divertimenti avevano un grosso lato educativo: per esempio chissà quanti di noi bambini, senza accorgercene, abbiamo "scoperto" la forza della volontà.

Un' altra occasione di festa per il paese era la sfilata dei carri a Carnevale: sì, anche un paesino piccolo ma con tanta fantasia e tanta voglia di divertirsi, può fare concorrenza a Viareggio !! Lo spirito di partenza era lo stesso, idem il risultato: divertirsi tutti insieme. Solo i mezzi erano differenti: qua niente di meccanico ma solamente forza, umana ed animale, e tanta allegra partecipazione, con i bambini e gli adulti che si mascheravano giocando ad invertirsi le parti........

La televisione ed altri svaghi non erano nemmeno in vista, ma c' era la Sala da ballo: attenzione.. non chiamatela Balera "che è un' altra cosa", ci tengono.

Come tengono alla differenza con "quelli della Bassa".

La Sala da ballo era il massimo del divertimento collettivo: musicanti il più spesso autodidatti che avevano formato il classico quintetto (fisarmonica, tromba, chitarra, batteria e voce solista), diventavano famosi tra le borgate ed i paesi vicini a quello dove ormai costituivano l' attrazione ed il punto di riferimento dei ballerini.

Ma i veri protagonisti erano questi ultimi: tutti ballavano e tutti "sapevano ballare": dai "professionisti" della pedana, uomini e donne che non perdevano un ballo esibendo il proprio stile personalissimo e tutto da ammirare; ai maschietti ed alle femminucce che, divertendosi, cercavano l' anima gemella o .... semplicemente sparivano dopo un pò; alle mamme e zie che per un pò recitavano la parte delle accompagnatrici delle ragazze di casa, salvo scendere di corsa in pista al primo invito... e se non arrivava facevano presto a fare coppia con un' altra mamma o zia.

Tutta quell' atmosfera di festa oggi non esiste più, c'è rimasto solo un nome un po’ insipido…. Ballo Liscio, che non rende per niente l' idea, nè dell' atmosfera nè del ballo.

Che io ricordi erano ben poche le ragazze che "facevano tappezzeria" per tutta la serata: poteva capitare solo a qualche musona con l' aria di chi era capitata lì per caso e non per partecipare al rito della festa collettiva.

Perchè questo era.

E poi l' intraprendenza delle donne emiliane (fuori della regione c'è chi la chiama, molto a torto, sfacciataggine) non permetteva l' attesa vana di un invito.

Pasqua era un' altra occasione per una festa particolare, alla quale partecipavano quasi tutti, bambini e adulti: le sfide a coccino.

Le donne, utilizzando gli estratti di anilina con i quali coloravano i tessuti, ottenevano delle magnifiche uova sode di tutti i colori, che distribuivano ai familiari, bambini ma anche adulti.

Per strada poi ogni incontro era una sfida: si picchiava uovo contro uovo, e quello che si incrinava per primo passava al vincitore. Punta contro punta, sedere contro sedere, pancia contro pancia, con tutte le varianti possibili. A quel punto le uova, pur con il guscio da rattoppare, servivano ancora per una gara: arrivare prima dell' uovo avversario in fondo al viale principale in discesa, rotolando lungo uno scolmatoio che lo affiancava.

E qui .... uscivano i veri esperti, che in base alla circonferenza, alla consistenza, alla completezza interna (niente bolle d' aria...), al peso, allo stato del guscio, ecc., sapevano valutare quale uovo era più adatto per battere quello dell' avversario.

E che dire della Rivista ? Era uno spettacolino che veniva rappresentato dai giovani del paese la sera della Befana, ed al quale molte energie erano state dedicate durante tutto l' anno per prepararne i testi, classiche e garbate prese in giro delle figure che più avevano colpito la fantasia degli autori.

A Genova c' è una Compagnia "analoga": sono tutti goliardi bravissimi, ma pur sempre universitari colti, e la Compagnia è nata dopo la Rivista della Villa Minozzo contadina.....